Rassegna stampa – Italia

Quotidiano sconosciuto con foto di un’opera dell’artista “Ricordi abissini”
1934 – anno XII Giovedi 31 Maggio LA VEDETTA D’ITALIA Fiume, Via Ciotta 19 Un numero centesimi 20 ATTORNO ALLA MOSTRA D’ARTE “Il Fiore di Zara” e un’interessante polemica In relazione alla nota da noi ieri pubblicata a firma del Dott. Delli Garzigna, abbiamo ricevuto varie repliche e proteste. Pur non intendendo, almeno per ora, entrare nella polemica rileviamo che, sia le considerazioni della colta e gentile pittrice prof. Pina Besson – autrice della pregevole tela che ha originato i dissensi geo-etnografici – sia quelle del replicante < r.t.> abbiano un valoro considerevole. Pubblichiamo le due note, integralmente. Ill.mo Sig. Direttore, avendo letto su un articolo inerente ad un mio quadro desidero rispondere direttamente in quanto sono stata io a dare detto titolo. Evidentemente l’accusa risulta per se stessa acre e ridicola, dato che (come qui appreso dimostro) la persona che ha preso è proprio l’autore dell’articolo. Il quale ignora che il costume riprodotto nel quadro è considerato italiano; infatti nel grande raduno di costumi nazionali tenutesi a Venezia nel settembre 1928, alla presenza delle LL. AA RR il Duca e la Duchessa di Pistoia, del Conte Volpi di Misurata e di altre personalità, quantunque un po’ meno pittoresco dei costumi sardi e siciliani, fu premiato con questi perché bene a ragione ritenuto costume altamente patriottico. D’altre parte, se l’autore dell’articolo desiderasse ancora schiarimenti potrebbe consultare l’ del 2 marzo 1930 in cui, in prima pagina, appare una riproduzione di due costumi simili a quello da me ritratto, con la seguente dicitura: . Oltre a questo, giova rivelare che il medesimo costume, indossato qualche anno addietro della signorina Calipso Johnson, fu premiato proprio a Fiume, in un ballo pubblico a cui intervennero delle personalità fiumane, come purea Trieste. Riguardo poi al ed alla scarsa conoscenza della geografia, dell’etnografia, e del folclore, non so chi realmente si trovi in difetto, dato che, l’autore dell’articolo confonde un costume di Mune (quello della seconda sala) che si trova a pochi chilometri da Fiume, con quello siciliano, sì facile ad essere distinto da un occhio mediocremente esperto di folclore nazionale. Tralascio di occuparmi del tono leggermente volgare dell’articolo; ma tengo soltanto a far rilevare che scopo precipuo della mia opera è stato, appunto, quello di voler essere presente, nella Mostra del Decennale dell’Annessione, col costume di Zara, il ricordo vovo della città sorella. Con sentiti ringraziamenti. Pina Besson. Una replica del primo critico Signor Direttore, L’illustre dott. Delli Galzigna dice che chiamare la figura dipinta da Pina Besson è una semplice cantonata geografico-culturale-politica. È in errore l’eminente dott. Delli Garzigna. Egli dovrebbe anzi tutto sapere che chi critica non può mutare titolo all’opera, anche se il titolo non è esatto dal punto di vista geografico-culturale-politico. Questo è pacifico. Pina Besson ha intitolato il quadro . Ma chi poteva cambiare il titolo al quadro? Il critico? No, neanche per sogno. Chè se il prefato dott. Delli Garzigna ritiene che il titolo sia errato, deve semmai muovere critica alla pittrice, in un secondo luogo al comitato organizzatore che non ha creduto di cambiare o far cambiare titolo alla tela. Non mai al critico del che c’entra come i proverbiali cavoli della non meno proverbiale merenda. Anzi, le osservazioni dell’illustrissimo dott. Delli Garzigna dovrebbeo andare diritte al comitato che non solo ha accettato il titolo..morlacco, ma lo ha stampato nel catalogo con tanto di . Tale e quale. E allora? Allora osserveremo che non bisogna essere più papisti del papa. Noi potremmo chiedere (ma non lo facciamo, in verta!) ragione al benemerito dott. Delli Garzigna della partecipazione di un gruppo di belle leggiadre vezzose figliole di zara all’omaggio che tutte le provincie d’Italia hanno reso a Casa Savoia per le nozze della Principessa Maria. In quel magnifico corteo il gruppo femminile di zara indossava il costume che la Besson ha dipinto. Tutta Italia applaudì a quel grazioso gruppo; e a nessuno è passato per la mente di pensare alle villane dell’interno e all’odor di aglio. Tutti hanno pensato a Zara e alla Dalmazia. Perché? Perché quelle care figliole rappresentavano con Zara tutta la Dalmazia; ed esse erano un simbolo che anche chi non è zaratino ha facilmente capito. E allora perché non potrebbe essere un simbolo (se i simboli sono ammessi anche in arte e specialmente in arte) il costume ? Strano che, dopo questa manifestazione, avvenuta a Roma, alla presenza dei Principi Reali, l’illustre dott. Delli Garzigna non abbia nulla da ridire sul cartello pubblicitario della Casa Luxardo di Zara. Su quel manifesto ricorrono tre nomi e una figura: Zara, Luxardo, maraschino e un morlacco. Chi non conosce Zara, come noi la conosciamo, potrebbe pensare che i zaratini vestano come quel morlacco del maraschino. Invece è notorio che i zaratini vestano civilmente come noi. Ma allora che ci sta a fare in quel manifesto, che voi potete ammirare per le vie di Roma, il morlacco? Lo chiediamo al dott. Delli Garzigna, il quale, per essere coerente, dovrebbe scrivere alla Casa Luxardo, protestando contro l’apparizione di quel morlacco odorante di aglio in un manifesto della nobilissima Zara. Quanto all’aglio poi non creda il beneamato dott. Delli Garzigna che sia cosa tanto spregevole. Anche Carlo Magno ne mandava giù, in presenza della moglie e delle figliole che facevan la calzetta, spicchi interi, forse perché sapevano quel che oggi non tutti sanno: che l’aglio contiene eminenti qualità vitaminose. Ed io, che sono amico di dalmati, quasi dalmatino io pure, so che essi amano l’aglio, anche senza i fagioli cotti; e non mi dispiace la loro odorante compagnia che piaceva anche a Diocleziano, incorreggibile piantatore di cavoli e di aglio in quel di Spalato. Grazie dell’ospitalità. r.t.
1934 – anno XII Mercoledi 6 Giugno 1934 – anno xII LA VEDETTA D’ITALIA Fiume, Via Ciotta 19 Un numero centesimi 20 L’inconfondibile carattere italico dei costumi dalmati Epilogo ad armi cortesi di un’interessante polemica Chiudiamo oggi – e definitivamente – la polemica sorta attorno al nome dato alla tela della pittrice prof. Besson. L’interesse suscitato dalla polemica ha dimostrato quanto i problemi etnico-storici e artistici stiano a cuore agli italiani della nostra sponda. Ed è naturale e confortante che sia così poiché qui e lungo la costa Dalmata l’interpretazione di un nome, di un costume, di una caratteristica la più apparentemente insignificante spesso racchiude il piccolo aspetto della grande storia, quella che contiene vicende gloriose di civiltà e potenza latine e italiane. Concludendo il dibattito, che si è mantenuto su di un tono elevato e distinto, accogliamo le due lettere che seguono: quella della prof Besson e quella del rag. Vaccari. Ecco la lettera della Sig.na Besson: Illustre Direttore, Nonavrei interloquito una seconda volta nel dibattito sorto intorno al mio quadro < Fiore di Zara > se il Dott. Galzigna non avesse usato nei miei riguardi la frase: < il dipinto riprodotto da una cartolina colorata in libera circolazione ovunque >. Sono costretta anch’io ad una rettifica molto precisa e le chiedo scusa di dover tediare i suoi lettori. Ma mi sembra che il dottor Galzigna abbia voluto – se leggo bene – riferirsi al mio dipinto. Se ciò ha voluto dire debbo far presente che modella e costume furono cose originalissime e mie. Il costume fu in gran parte acquistato presso il commerciante Natale Mauri in Cereria e per il resto è buona testimone la signorina Calipso Johnson ora presso l’istituto Eastman in Roma che appunto fu la mia cortese modella. In quanto alla critica sulla definizione del mio quadro consiglio il Dott. Galzigna di leggere il < Corriere DELLA sera>, il < Piccolo > di Trieste, l’ che, assieme ad altre pubblicazioni, trattarono dei costumi nella già citata gara nazionale di Venezia. Avrebbe visto che essi – come le autorevoli personalità della giuria – considerarono perfettamente italiano il costume in discussione. Quella volta il Dott. Galzigna forse non ebbe modo di esternare la sua indignazione per la < mistificazione storica e soprattutto nazionale >. Forse apparve meno agevole l’intervenire ? Ad ogni modo produce vivissimo rammarico il constatare che mancò in quell’occasione – purtroppo – una parola così sapiente e dotta di censura e di rettifica. Il silenzio poté allora sembrare (almeno così è buona usanza) consenso. O perché ora, dinanzi ad una semplice tela di una pittrice che ha cercato di esprimere un aspetto della Dalmazia così ardentemente amata da tutti gli italiani, tanta accanita quisquillia? Io credo che il pubblico abbia già giudicato. Grazie, Illustre Direttore, della ripetuta e gradita ospitalità. Pina Besson Abbiamo accolto con sincero e schietto spirito d’imparzialità e di cameratismo la nota sopra esposta. Pensiamo tuttavia che la frase incriminata e citata all’inizio debba non riferirsi alla tela della prof. Besson, che tutti sappiamo essere pittrice di valore e di alta serietà artistica, ma alla raccolta dei costumi morlacchi del < Fuhrer durch dalmati en >. Cosicché anche questo aspetto della polemica è, secondo il nostro punto di vista, chiarito e concluso. Veniamo alla nota del camerata Vaccari che pubblichiamo integralmente: Sig. Direttore, Non ho affatto l’intenzione di entrare nella cosiddetta polemica intorno alla tela della zarina esposta alla mostra d’arte. D’altro canto, più che di una polemica si dovrebbe parlare di una lezione, che il prof. Delli Galzigna – Dalmata, e colto ed appassionato conoscitore della storia, degli usi e dei costumi della sua regione – ha dato, con buon diritto e con eccellente magistero, a coloro che, dopo circa quattordici anni wda che Zara è annessa al Regno d’Italia, si dimostrano tanto digiuni della storia e del costume di quella città, che ebbe pure una parte così cospicua, in tutti i tempi, nella vita nazionale degli italiani. Desidero soltanto rettificare un mio giudizio che il prof. Delli Galzigna – sia pure in perfetta buona fede e con lodevole fine – ha erroneamente riportato nel citato articolo. Egli, riferendosi alla collezione di fotografie di costumi della Dalmazia e delle regioni con termini che io posseggo, dice ch’io < definisco costumi dalmati e non zaratini quelli della polemica >. Io non mi sono mai espresso così. Parlando con persone che s’interessavano all’argomento, ho detto che quel costume, come tutti i costumi multicolore e tintinnanti che si vedono talvolta nelle città dalmatiche, e specialmente nelle città della Dalmazia meridionale non sono costumi indigeni, non sono qui di costumi dalmatici, sono invece costumi appartenenti a popoli di regioni contermini, cioè della Valle della Lica ( il costume dei Morlacchi, come quello dei Cicci, è notoriamente di origine romena), della Bosnia, dell’Erzegovina, del Montenegro, dell’Albania. ( Costumi erzegovinesi, montenegrini ed albanesi se ne vedono di frequente nelle Bocche di Cattaro). Io, evidentemente, sono più intransigente del prof. Delli Galzigna. Nei numerosi articoli ch’io ho scritto, dal tempo dei miei vent’anni ad oggi, sulla Dalmazia, neppure una volta, parlando del costume, ho definito dalmatici i costumi i quali il prof. Delli Galzigna si riferisce, ma bensì, caso per caso, li ho definito con il loro nome di provenienza. Il sostantivo e l’aggettivo io li uso soltanto per ciò che è autoctono e indigeno della Dalmazia, non per ciò che appartiene alle orde che, proveniente dalle steppe della Sarmazia o dalle regioni desertiche poste al di là degli Urali, hanno invaso i territori dell’Impero Romano d’Oriente, e sono in parte calate nella Dalmazia, a cominciare dal VII secolo dopo Cristo, valicando le Alpi Bibie e le Alpi Dinariche, cioè valicando localmente quella catena montuosa cha da Mentone a Dulcigno segna il confine naturale d’Italia. Per il resto, condivido pienamente gli assiomi (verità che non hanno bisogno, o non dovrebbero avere bisogno, di essere dimostrati) del prof. Delli Galzigna. I costumi grevi di rutilanti metalli, sovraccarichi di multicolori bardature, possono mitigare lo squallore delle regioni balcaniche, possono intonarsi con le chiese ortodosse e con le moschee, ma non potranno mai – come dice, con altre parole, lo stesso prof. Delli Galzigna – accordarsi con la Cattedrale di Sant’Anastasia a Zara, con le architetture di Giorgio Orsini a Sabenico, con la piazza dei Signori di Traù, col Palazzo della Zecca a Ragura, con le bifore delle rovinanti case veneziane di Cattaro; insomma, con il secolare afflato che in Dalmazia emana da tutto ciò che la natura e gli uomini hanno creato, e che infonde negli occhi e nell’anima un’armonia ch’è squisitamente e solamente italiana. Dall’anfiteatro di Verona all’anfiteatro di Pola, all’anfiteatro di Salona; dalla Pazza delle Erbe di Trento alla Piazza della Erbe di Fiume, alla Piazza della Erbe di Cattaro; dalla Cattedrale di Trento, alla Basilica di San Zeno a Verona, alla Cattedrale di Sant’Anastasia a Zara; dalla cuspide del campanile di Pirano, alla cuspide del campanile di Perasto – nelle Bocche -, c’è, nel tempo e nello spazio, un’unità inscindibile, romana prima, veneziana poi, italiana sempre. Quest’unità inscindibile, inconfondibile, la si trova pure nel costume dei dalmati, cioè degli autoctoni della Dalmazia, cioè della popolazione italiana di quella regione. Il costume della Dalmazia – nella sua ultima derivazione – l’ho trovato in alcune delle borgate più remote, per esempio a Lustua, nelle Bocche. E’ il costume, sobrio nelle linee, ornato di piccole gale (volants) di pizzi, di qualche filare di bottoni, che settanta od ottant’anni or sono si usava ancora, con qualche piccola variante da luogo a luogo, in tutte le terre che furono delle Serenissima Repubblica. Il costume della Dalmazia è dunque costume veneziano, costume italiano. Convengo con il prof. Delli Galzigna anche in un pensiero ch’egli, anzi che esprimerlo, ha lascato intuire. E’ ora che tutti i retori che ad ogni piè sospinto inneggiano alla Dalmazia, o a questa o quella città della Dalmazia, conoscendole solo di nome, si pongano a studiare la storia e la geografia della Dalmazia. Una può procurarsela chiunque, e la può leggere anche al caffè, sottraendo qualche ora alla lettura della . Se ne avvantaggerà la cultura nazionale, e non daranno motivo di riso a chi oggi si accampa sulla terra dalmatica e ne falsifica la storia. Domenico Vaccari
1934 – anno XII Venerdi 1 Giugno LA VEDETTA D’ITALIA Fiume, Via Ciotta 19 Un numero centesimi 20 La 6.a Mostra Sindacale d’Arte si chiuderà fra qualche giorno E’ consuetudine, quando si apre una Mostra d’Arte, che il pensiero corra alla previsione dell’esito spirituale e materiale della produzione di ogni artista. Così è sempre stato, nel recente passato e al giorno d’oggi ancor più, considerando la grave crisi che attraversano l’arte e gli artisti che la sentono e la esprimono. L’arte sta oggi veramente nell’agone di svariate tendenze che lottano, nella ricerca di nuove forme ed espressioni per dare fors’anche un’impronta ed un marchio all’opera attuale; pronuba di un grande risveglio e di un travaglio sotto l’intensa ricerca. E invero il Raffaello nuovo, il pittore del ‘900 non è ancora nato, che possa segnare e dare questa impronta alla nostra epoca. Nascerà, sarà all’altezza del tempo? Non lo sappiamo né possiamo preannunciarlo! Mirabili e costanti sono gli sforzi degli avanguardisti dell’Arte, ma ciò malgradi viviamo in un tempo ancora denso di nubi nel periodo di transizione o di ritorno al tempo passato; in cui le vecchie maniere dell’800, ci avvincono, purtuttavia, e ci lasciano un segno di nostalgia, quando particolarmente pensiamo ai , coloro che a quel tempo avevano rivoluzionato l’Arte dello stesso 800. Così la bellissima schiera dei Morelli, dei Palizzi, dei Cabianca, dei Costa, dei Fattori e dei Signorini e moltissimi altri ancora. Poi man mano che il tempo passa troviamo i più vicini a noi e una gran luce si diffonde in Giovanni Segantini poeta e pittore, il riformatore moderno della pittura italiana. Non intendo di fare la storia attraverso le varie aspirazioni ed epoche ma debbo constatare un grande fermento di preparazione e di lodevoli intenti – se anche non tutti riusciti – ed è quindi ammirabile la tenace e salda volontà di progredire, di dire una parola di più.
1934, Anno XII IL PICCOLO DELLA SERA Trieste, Lunedi 28 Maggio  La Mostra sindacale d’arte a Fiume FIUME, 27 La mostra d’arte, inauguratasi in presenza delle maggiori autorità cittadine e d’un elegante pubblico, ha lasciato in tutti un senso di unanime soddisfazione, tanto per la scelta felice dei lavori delle varie tendenze, quanto per il ricco allestimento della Mostra stessa, dovuto in particolar modo all’interessamento collettivo degli espositori e alle cure speciali del sen. Icilio Bacci, presidente del Comitato organizzatore. Gettando uno sguardo fugace al complesso delle opere esposta, si può dire che la giuria non ha usato soverchia severità nella scelta delle opere, dando così adito anche ai dilettanti di presentarsi al pubblico con le loro opere non ancora del tutto mature, ed agli artisti di sbizzarrirsi liberamente. Nella prima sala vediamo una bella marina di Augusto de Stadler, dalle tinte delicate, e la riproduzione di un mattino di primavera del golfo di Fiume. Pina Besson si presenta con parecchi lavori. Degno di rilievo il quadro che riproduce una zaratina: pittura di grande valore artistico. Va ricordata la Madonna e il Cristo a sanguigna riprodotto con una singolare potenza di sintesi. I quadri ad olio di Romanczuk sono forse troppo curati nei particolari, però dimostra le molte buone qualità del pittore e il suo continuo progresso. Vediamo anche buone tele di Cornelio Zustovich di Giusti, una del parco di Abbazia, le altre del golfo di Fiume, tutte dalle tinte calde e di un sentimento profondo. Altre tele di buona fattura sono i paesaggi di Ugo Terzoli, di Anna Fanizza, di Arrigo Ricotti e della pittrice Antoniazzo, che si distingue specialmente nel paesaggio. Nella seconda saletta sono le opere di tre artisti di fama riconosciuta: Mario Hajnal, Marcello Ostrogovich e Cornelio di Giusti Zustovich. Il primo ha voluto darsi a tendenze nuove, raggiungendo dei buonissimi effetti più decorativi che pittorici; il secondo si presenta con acquerelli macchiati molto bene e d’una armonia di tinte calde e fortemente espressive; il terzo ci mostra tutta una serie di acqueforti colorate della vecchia fiume, eseguite con tecniche diverse (punta a secco, acqueforti e acquatinta), tutte di una impronta squisitamente personale. Bellissimo < Lo squiero> in cui si rivela, forse, l’influenza della scuola inglese del grande Brangwine, del quale l’artista è un seguace convinto. Nella terza sala abbiamo dei buoni pittori di diverse scuole, dal più puro naturalismo al novecento più ardito. Maggiormente di distinguono: Carmino Butcovich-Visintini con pastelli di fattura delicata, riproducenti punti caratteristici di Fiume, trattati con semplicità e maestria; Fabbro De Santis, con marine movimentate e buoni ritratti signorili; Oloferne Collavini con ritratti ad olio di una tonalità delicata, e con marine sentimentali ricche di colori; Raicich Miranda, con paesaggi di montagna d’una freschezza e trasparenza di colori, d’un tratto largo e sicuro e di una forma sintetica bene usata, specialmente in Apriano; Odino Saftich, con paesaggi ad olio, che sentono un po’ l’influenza francese, forse un po’ freddi e poco comunicativi. Uno è veramente stupendo, trattato con virtuosità, e precisamente quello intitolato . Federica Blanda ci presenta acquarelli di una bella trasparenza. In questa sala troviamo pure tre novecenteschi: Maria Arnold, con ritratti di somiglianza, si direbbe, quasi perfetta, però con certi tratti un po’ caricati ad arte. Ladislao de Gauss, forte nella decorazione moderna, ci presenta una bagnante ed un paesaggio di buona qualità. Romolo Wnoucsek-Venucci espone paesaggi molto complicati che costringe il pubblico a meditare e a commentare. Buone, nella quarta sala, le caricature di Ugo de Rossi. Maria Kandus ha degli acquerelli freschi; e, sebbene all’inizio della sua carriera, promette molto e rivela buone qualità. La signora Luisa Luppis-Frappart descrive molto bene diversi punti della città, con disegni a penna, nitidi, ben costruiti, qua e là macchiati di tinte delicate. Nella quinta sala vediamo disegni espressivi di Maria Arnold e di Miranda da Raicich. Una rivelazione nella mostra è il giovane scultore Edoardo Trevese. Buone pure le sculture in legno di Giacomo Pischiutti, e molto originali le impressioni di Nono Marussi. r.t.
1941 – Anno XX IL GAZZETTINO – Martedi 30 Dicembre  GAZZETTINO DI GORIZIA Colore e sentimento nella pittura di Pina Besson-Figlioli Vive a Gorizia da un paio d’anni una squisita pittrice sarda, che della sua terra forte e favolosa ha i colori e il sentimento, come a pochi artisti è dato averli per eredità spirituale incontaminata al contatto con altre terre e con altre scuole. Schietta intuizione di forme e di volumi, sobrietà e precisione di linee, plasticità ricavata da un gioco insensibile di luci e di ombre sono pregi evidenti e apprezzabili di questa pittrice. Ma la sottile trama che vi tese il sentimento, costituisce una tangibile sostanzialità pittorica, che dà luce ai colori, nitidissimi e saturi sempre, che arrotonda le forme e le tornisce levigatamente davanti all’occhio attonito dell’osservatore, che sfonda le tele creando l’illusione di una lontananza prospettica, ma direi, eminentemente psicologica. Pina Besson Figlioli s’è avviata all’arte per spontaneo intimo imperativo, non perché ve l’abbiano. Spinta particolari circostanze o il (sia pure sotto l’aspetto d’una frequentazione accademica quale diversivo alle solite carriere femminili) o ancora una necessità materiale ed utilitaria. Recatasi a Venezia a compiere gli studi, colse ad un tempo due lauree e il senso, destatosi alla vista dei capolavori immortali, d’una sua sopita virtualità pittorica che non trovava modo di manifestarsi e attendeva l’invito squillante d’una pittura ch’è tra le più belle e suggestive del mondo. Quindi la Besson è allieva, per libera scelta e senza ruolino di frequenza, di quella sovrumana accademia che sono le tavole dei pittori veneziani dal ‘400 a tutto il ‘700. Più forse quelle del quattrocento che del secolo del Tiepolo e del Guardi. Premesse queste considerazioni, che sono condizionate dalla necessità di una comune comprensione del di un’artista, passiamo ad una valutazione più particolareggiata dell’opera della pittrice. Guardando le sue figure di donne sarde e le sue madonne, notiamo l’identità di atmosfera spirituale, e quindi pittorica, tra le une e le altre. Ed è logico che sia così: perché nel tentativo di sublimare l’umano (verginità e maternità) consegue di pari passo la tendenza a umanizzare il divino. I volti sereni e seri di queste donne sarde, il volto celestiale e filiale della in particolare, sono espressioni sublimate dell’umanità che trascende il materiale e ascende, come un canto dantesco della terza cantica, verso la luce dell’oltre-mondano. Così i grandi occhi chiari delle madonne, la loro posa calma che rievoca le Vergini delle < Maestà> senesi del sec. XIV quell’aureola di sopportato dolore, sono elementi umanissimi che approfondiscono fino allo sconfinamento nel puro ideale l’arte della nostra pittrice. Non si creda però, che questa rarefazione di mezzi e di toni porti all’astrattismo: arte concretissima anzi e reale; anche se – e ciò ne costituisce il migliore titolo di valore – affinata e addolcita fino all’impalpabilità. Una certa estaticità ch’è nello sguardo di queste donne sarde e che, attenuata e volta al triste, si riflette anche in quello delle madonne, non proviene da durezza di linee o da mancanza di simpatia pel soggetto; ma è un elemento, di voluta astrazione dai soliti atteggiamenti convenzionali, e quindi accademici, d’un tale genere di pittura. Molte madonne ha dipinto la Besson Figlioli, a colori, a carboncino, a sanguigna; e molte ne ha vedute nelle esposizioni a cui ha partecipato: a Genova (1932), a Trieste, a Fiume (1934). Ad Abbazia (1931) e in altre città, non esclusa Addis Abeba, dove la Besson ha soggiornato un paio d’anni. Si spiega facilmente la fortuna di queste opere: la nostra pittrice ha vivo il senso del divino e l’arte sacra l’attrae naturalmente verso quelle espressioni pittoriche che ella ha studiato e goduto, a mò d’esempio, sulle tavole dei Vivarini e dei Bellini nelle meravigliose chiese veneziane. Altro genere prediletto dalla pittrice Besson Figlioli, le nature morte. Ne ha dipinte diverse e tutte ugualmente riuscite, se ci si richiami a quanto abbiamo detto due righe più in su: massima espressione (cioè rendimento pittorico) con un minimo di mezzi (il che vuol dire anche un minimo di studiosità e di forzatura nella presentazione del soggetto al temperamento e alla sensibilità visiva dell’osservatore). Le nature morte della Besson, siano frutta, pesci, oggetti vari, si distinguono tra mille di egual soggetto. Hanno una profondità che percepiamo a singoli piani a seconda della dislocazione delle cose, ma inavvertitamente, scivolando l’occhio dall’una all’altra fino al limite dello spazio reso con semplice tecnica, ma con efficacia sorprendente. E’ tutto un ambiente, questo delle nature morte della Besson; per quello che si vede e per quello che s’indovina, per rilievo e plasticità raggiunti con mezzi estremamente facili di mezzetinte appena riconoscibili, per la naturalezza della collocazione in fuoco, per la composizione distribuita sempre con ordinata sobrietà; infine e soprattutto perché quello che si vede non è che un riflesso della simpatia dell’artista per il e non una fredda e fedele riproduzione degli oggetti ritratti, come in alcuni pittori dell’800, dove la lisciatura, la fedeltà cromatica, la minuziosità del disegno vogliono fotografare la realtà e non già filtrarla attraverso un temperamento. Pochi toni, di solito sapientemente graduati e scomposti nelle loro successive sfumature, danno a queste nature morte una vibrazione di intima esistenza e consistenza artistica. La Besson Figlioli accompagna la sua pittura, e la spiega, indirettamente, con i suoi interessanti racconti sardi che illuminano le figure più caratteristiche e in certo modo le prepara alla trasfigurazione pittorica, che è poi anche un modo di raccontare, per luci e per segni, agli occhi e, in via immediata, all’intelletto e alla fantasia. CARLO LUIGI BOZZI

 

1942 – XX Il Popolo del Friuli “COL DUCE E PER IL DUCE” Sabato 13 Giugno  La mostra personale della pittrice Pina Besson Figlioli Questa mostra, signorilmente allestita nel salone centrale del circolo ufficiali del Presidio e nella quale la pittrice sarda signora Pina Besson Figlioli ha raccolto ventidue delle sue opere, ha destato e desta l’interesse più vivo nel pubblico che incontra nei dipinti dell’espositrice una chiara ed accogliente modernità, rispettosa della tradizione, aperta alle liete gamme cromatiche. Che la pittrice sia sarda lo si vede subito: non ch’essa adoperi in arte il dialetto della sua generosa isola, ma, ma dipingendo in buon italiano, trasfonde sulla tela quelli che sono i caratteri peculiari della sua gente, diremmo quasi il sangue della sua gente che noi abbiamo imparato a conoscere, ad apprezzare ed anche ad amare attraverso i rapporti personali con tanti conterranei della Besson e, meglio ancora, attraverso la ricca letteratura e arte isolana. La pittrice s’accosta alle cose con una curiosità viva, pungente, squisitamente femminile, e nelle cose sa leggere il moto di una linea, il trillo di un colore, la reazione all’atmosfera-ambiente in cui si trovano. Sa, in altre parole, farsi dire delle cose tanti loro segreti rivelati soltanto agli artisti e nei quali si manifesta l’anima degli oggetti come quella degli uomini. Disegnatrice sicura e acuta, la Besson ama indugiare nella ricerca dei particolari minimi dei quali sa mettere sempre in luce gli intimi valori: il suo stile smaliziato compie poi il miracolo di ottenere l’unità nella molteplicità, di legare, fondere cioè in un tratto le cento parti, ottenendo sempre una composizione equilibrata, di ampio respiro, di un ritmo seducente. Personalità calda e ricca di entusiasmo, veramente meridionale, la Besson dispone di una nutrita tavolozza sulla quale il gioco dei contrasti e degli accordi si stempera in tonalità sostenute, piene di succhi, orgiastiche alle volte, alle volte profonde e pensose, di un nerbo che, pur conservando la grazia femminile, tocca la forza mascolina. Esperta di ogni tecnica, l’artista si rivela del pari sicura quando tratta l’olio, il pastello o la sanguigna pervenendo sempre ad una espressività immediata, nativa, dove l’artifizio scompare per lasciar liberamente cantare l’ispirazione: e quasi sempre entro queste cornici noi incontriamo un palpito di poesia al quale siamo lieti di andar incontro fidenti.
1942 ANNO XX dell’ E.F. VII dell’ impero IL PICCOLO Trieste, Martedi 9 Giugno. Giovedì inaugurazione della mostra personale della pittrice Pina Besson Figlioli La mostra personale della pittrice Pina Besson Figlioli, già da noi annunciata, sarà inaugurata nel salone del locale Circolo Ufficiali, appositamente apprestato dal Sindacato fascista delle Belle Arti, il giorno 11 corrente, alle ore 11. Immediatamente dopo l’inaugurazione ufficiale il salone sarà aperto al pubblico che potrà conoscere questa pittrice sarda, che da alcuni anni vive a Gorizia, nelle sue opere improntate a rara bellezza e spiccata, personalissima originalità. Non si tratta di una solita , ma di un vero avvenimento artistico anche perché nessuna tecnica è ignorata da quest’artista, che tratta con equale perizia l’olio e il pastello, la sanguigna e il bianco e nero. Interessante particolarmente l’arte sacra che pur essendo di fattura modernissima nulla toglie alla serenità e alla compostezza delle immagini del culto concepite sempre nella migliore inquadratura di disegno e di colore. Soprattutto questa Mostra sarà per Gorizia la rivelazione di una robusta colorista che sa esattamente ed efficacemente equilibrare luci ed effetti cromatici in calme e suggestive armonie.
1942  ANNO XX LE ULTIME NOTIZIE IL PICCOLO DELLA SERA TRIESTE GIOVEDI 2 LUGLIO  Chiusura della mostra P. Besson Figlioli Il compiacimento del Ministro Bottaj Alla valente artista GORIZIA, 2 Si è chiusa al circolo Militare la mostra personale di pittura della signora Pina Besson Figlioli. La mostra è stata molto frequentata e da tutti i visitatori contemplata con vero interesse, talchè si può parlare senza riserve di un vero e autentico avvenimento artistico cui ha arriso un grande successo. Oltre il compiacimento di personalità militari e civili della provincia, uno stuolo di artisti e amatori d’arte hanno sostato frequentemente nei vari reparti, attratti dalla schietta originalità delle opere della Besson Figlioli. Sono pervenute con lettera personale le espressioni di vivo compiacimento da parte dell’Ece. Bottaj per la bella mostra e i sensi di particolare ammirazione per l’artista per le magnifiche opere esposte. Anche da varie altre regioni d’Italia è giunto l’ammirato compiacimento di varie personalità civili e militari fra cui il Prefetto Riva, il generale di C.A. Enrico Broglia, il Generale di Divisione Renzo Fissori, il Generale medico Signorino ed infine altri. Va ricordato che l’allestimento di questa interessante mostra personale fu curato in tutti i particolari dal Sindacato provinciale Belle Arti rappresentato dal direttore della R. Scuola d’Arte prif. Aldo Matteucci. Va pienamente approvata l’iniziativa del Sindacato locale di mettere a contatto del pubblico periodicamente mediante mostre personali associati che rivelino meriti eccezionali e che abbiano indiscutibili pregi di originalità. Speriamo quindi che l’attività del sindacato vorrà sempre più dilatarsi ed estendersi in quanto anche nella nostra provincia non mancano degli artisti geniali che attendono di far conoscere la loro opera al pubblico.
1943 ANNO XXI L’AVVENIRE D’ITALIA del GIOVEDI VENERDI 3 4 GIUGNO
1943 ANNO XXI IL POPOLO DEL FRIULI del MARTEDI 15 GIUGNO
1943 ANNO XXI  IL POPOLO DEL FRIULI del MARTEDI 8 GIUGNO
1943  ANNO XXI Il Popolo del Friuli “COL DUCE E PER IL DUCE” Sabato 13 Giugno 1943 – XXI Oggi si chiude la Mostra Besson Figlioli – Franzolini Oggi alle ore 20 si chiuderà la Mostra della pittrice Pina Besson-Figlioli e dello scultore Antonio Franzolini, ospitata nella sala dell’Unione professionisti e artisti, in via Poscolle. A questa interessante rassegna d’arte non è mancato il vivo consenso del pubblico, tanto da dover prorogare la chiusura che in un primo tempo era stata fissata per domenica scorsa. In merito all’arte della Besson-Figlioli ci piace riportare quantoha scritto Michele Biancale, un critico di fama nazionale: <…Vi sarà agevole definirla come una pittrice d’immagini, intesa questa parola con quel tanto di ieratismo che l’artista sa conferire ad un tipo regionalmente comune. Tale cosa è più accertabile in quanto la Besson stilizza pieghe, scialli, copricapo costringendo tali particolari a rientrare nell’orbita espressiva della figura…con un personale procedimento di stilizzazione che supera il dato veristico, non soltanto di tipo etnico ma anche di costume e di carattere, giungendo a delle curiose trasformazioni del motivo regionale in chè è tutto l’interesse della pittura della Besson figurista. Neppure il colorismo stravince come suole in simili raffigurazioni regionali ma s’accorda con le altre intenzioni di tale artista e persino si allea all’effetto di coteste immagini come intimamente necessario alla loro bellezza. …Non intendiamo affermare che è brutalmente verista nelle nature morte perché non tanto di quell’intellettualismo che la guida nella resa della figura la sorregge nel non soggiacere alla tirannia del troppo vero e del troppo preciso. In tale equilibrio di verità e stile ci sembra che consista tutto l’interesse dell’arte della Besson la quale d’altronde non si può definire né sorpassata ne modernissima, attenta, com’è, a non mortificare la sua sensibilità e a non soverchiarla con astrattismi che non si confanno al suo temperamento>.
1943 ANNO XXI IL PICCOLO del GIOVEDI 3 GIUGNO
1943 ANNO XXI IL GAZZETTINO del GIOVEDI 3 GIUGNO 1943 ANNO XXI
1943 IL GAZZETTINO del 28 MAGGIO 1943 ANNO XXI
1943 L’AVVENIRE D’ITALIA – BOLOGNA – L’ECO DELLA STAMPA 30 MAGGIO
1943 L’AVVENIRE D’ITALIA – BOLOGNA – L’ECO DELLA STAMPA 25 MAGGIO
1943 L’AVVENIRE D’ITALIA – BOLOGNA – L’ECO DELLA STAMPA 25 MAGGIO
1943 L’AVVENIRE D’ITALIA – BOLOGNA – L’ECO DELLA STAMPA 13 GIUGNO
1943 L’AVVENIRE D’ITALIA – BOLOGNA – L’ECO DELLA STAMPA 1 GIUGNO
1943 IL POPOLO DEL FRIULI DEL 29 MAGGIO  – L’ECO DELLA STAMPA
1943 IL POPOLO DEL FRIULI – L’ECO DELLA STAMPA DEL 2 GIUGNO
1943 IL POPOLO DEL FRIULI – L’ECO DELLA STAMPA 30 MAGGIO
1943 IL POPOLO DEL FRIULI – L’ECO DELLA STAMPA 28 MAGGIO
1943 IL POPOLO DEL FRIULI – L’ECO DELLA STAMPA 23 MAGGIO
1943 IL POPOLO DEL FRIULI – L’ECO DELLA STAMPA 10 GIUGNO
1943 IL POPOLO DEL FRIULI – L’ECO DELLA STAMPA 4 GIUGNO
1943 IL GAZZETTINO – VENEZIA – L’ECO DELLA STAMPA 13 GIUGNO
1944 – Anno XXIII GAZZETTA DI VENEZIA QUOTIDIANO DELLA SERA Sabato – Domenica 25-26 Novembre La mostra degli artisti profughi Inaugurata stamane nella sala napoleonica …E diamo ora un’occhiata alla sala Gli artisti sono delle città più varie: ricorrono con frequenza i nomi di Roma, di Napoli, di Palermo, e poi quelli di Catania, di Parenzo, di Cagliari, di Rovigno d’Istria, e ancora di Aquila di Nuoro, di Firenze, di Brindisi, della Spezia, di Messina, ecc. Romana è per esempio, Lina Flora Zocchi che ha qui ha una decina di lavori tra cui tre ben controllati ritratti e due paesaggi, “Villa Borghese” e “Viareggio”, pervasi di un efficacie sentimento: e romana è anche Agnese Menti, la quale presenta una intera parete di acquerelli e disegni di una diligente a accurata fattura. Pina Besson Figlioli è invece di Cagliari: tra le cose su, che sono sette od otto e tutte degne di rilievo, la nostra attenzione si ferma su “Fagiano” e “Natura morta” dove le tinte si ammorbidiscono e riscaldano meglio che altrove. Roberto Manni, di Brindisi, in tutte le sue tredici pitture dimostra di sentire il colore con una notevole intensità, sia trattando il paesaggio sia la natura morta o la figura. Effetti di spigliato gusto illustrativo ottiene il palermitano Sabatino Mirabella che in una quindicina di tele si ispira con particolare amore a paesaggi di Capri e di Venezia. Di Luciano Cuzzi istriano, Ettore Guerriero, e di Ezio Caizzi ambedue napoletani, presenti con parecchie opere ciascuno, il nostro giornale ebbe occasione di occuparsi recentemente e con simpatia in occasione delle loro mostre nelle gallerie cittadine. In numerosi lavori di vario soggetto. Annina Malerba Pilo di Capaci esprime una sua attenzione alle cose dolcemente malinconica. Di gradevole ci sembrano anche i quadri di Salvatore Pesce e di Nino Ghillemi ambedue messinesi, i paesaggi del romano Ulisse Guerrini e i ritratti di Dante Maiani di Imola. Citeremo altresì le opere di Giorgio Cipriani fiorentino, di Armando Visinoni romano di Domenico Garbin istriano, di Giuseppina De Rolli barese, di Maria Capra palermitana e di Pippo Toscano catanese, denotanti tutti varie doti e possibilità di sviluppo. Una suasiva intimità troviamo anche in Giangiacomo Almecar, in Alfonso Articoli di Roma e in Maria Laj di Nuoro. Né vogliamo poi dimenticare Cesare Zampaloni romano, Augusto Bonomi, Remo Brindisi di Aquila, Goffredo Evangelisti e Lino Bertonati di Spezia. La scultura è…………………………………………………………………
1944 GAZZETTA DI VENEZIA DEL SABATO DOMENICA 16 17 SETTEMBRE 1944 XXII. All’interno una foto dell’opera “Cachi” opera esposta alla Bevilacqua La Masa
1944 GAZZETTA DI VENEZIA DEL MERCOLEDI GIOVEDI 6 7 DICEMBRE XXIII All’interno una foto dell’opera “Ragazza di Bono” presente alla mostra degli Artisti Profughi a cui la Besson Figlioli ha partecipato

 

1972 ILMESSAGGERO del Sabato 26 Febbraio pag.-5-foto dell’artista che presiede la mostra RISPETTIAMO I GATTI
1970 IL VOMERE Sabato 4 Aprile  Mostra Figlioli a Palm – Beach Nella ridente località americana di Palm-Beach in Florida, è stata fissata al primo di aprile corrente la inaugurazione della Mostra personale della pittrice italiana J. FIGLIOLI che è la gentile consorte dell’amico comm. Dott. Benedetto Figlioli, di Marsala. Ci dispensiamo dal presentare l’avvenimento trattandosi dei lavori della ben nota pittrice. M.me Figlioli, già affermata nel campo della pittura moderna nei maggiori centri, come Roma e Parigi. I suoi successi sono stati per altro segnalati di frequente dal nostro periodico IL VOMERE. Il notevole “vernissage-cocktail” avverrà presso la “GEMINI GALLERY” al 245 Worth Avenue-Palm Beach, come abbiamo già segnalato ai nostri connazionali attraverso l’invio dell’invito contenente il catalogo dei pregevoli dipinti che saranno esposti, fino al 15 aprile prossimo. Siamo certi che questa manifestazione artistica, intesa al risveglio degli innati sentimenti di attaccamento alla patria lontana, non mancherà di determinare l’accoglienza più calorosa da parte della numerosa colonia di connazionali e di amici d’America. IL VOMERE
1970 CORRIERE DELLA SERA Domenica 29 Novembre  GIRO DELLE MOSTRE Copenaghen FIGLIOLI. – All’istituto italiano di cultura di Copenaghen si è tenuta una mostra della pittrice italiana Josephine Figlioli.
1969 IL GAZZETTINO Mercoledi, 12 Novembre  IMPORTANTE CONTRIBUTO ITALIANO ALL’ARTE ATTUALE A Biarritz si è chiusa, recentemente, con grandissimo successo, come sempre, l’ultima mostra di FIGLIOLI. Di quest’artista, che la critica veneziana già in periodo di sua ascesa, giudicò – in occasione di alcune Mostre alla Sala Napoleonica ecc. – le sue opere , riportano da (Paris 4 settembre 1969) quanto segue: <>. L’altra estate, quest’artista che vive e lavora la maggior parte dell’anno a Parigi con deipittori francesi, pure a Biarritz, reppresentò l’Europa a confronto con l?America Latina, e, come dice <> (Bourdeaux 28-6-1968) <>.
1969 IL MESSAGGERO di Roma Venerdi 24 Ottobre  Importante contributo all’arte attuale Si è conclusa recentemente a Biarritz con grandissimo successo, come sempre, l’ultima mostra di Figlioli. A riguardo di quest’artista, che vive e lavora la maggior parte dell’anno a Parigi, e che l’anno scorso, con dei pittori francesi, pure a Barritz,ha rappresentato l’Europa a confronto con l’America latina (<>, Bordeaux 28-6-1968), riportiamo da <> (Paris, 4-9-1969) quanto segue: <>.
1969 CORRIERE DELLA SERA Domenica 19 Ottobre  ARTISTI ITALIANI ALL’ESTERO Si è conclusa recentemente a Biarritz con grandissimo successo, come sempre, l’ultima mostra di Figlioli. A riguardo di quest’artista, che vive e lavora la maggior parte dell’anno a Parigi, e che l’anno scorso, con dei pittori francesi, pure a Barritz,ha rappresentato l’Europa a confronto con l’America latina (<>, Bordeaux 28-6-1968), riportiamo da <> (Paris, 4-9-1969) quanto segue: <>.
1969 IL VOMERE Marsala 28 Giugno L’ARTE DI PINA FIGLIOLI Con piacere si apprende la meritata notorietà che la Sig.ra Josephine Figlioli, moglie del concittadino dott. comm. Benedetto, ha saputo conquistarsi nel campo degli artisti con le sue pregevoli opere pittoriche. Per le mostre delle sue tele ella si è affermata nelle più accreditate gallerie e in special modo in alcune Esposizioni straniere tra cui quelle francesi alla Galleria di Rue de Bourgogne Paris VII.me. Tra i giudizi favorevoli di valenti critici francesi si nota quello di M. Marcel Espiau il quale così si esprime in “Nouveaux jours de Paris”,: “ Questa artista che vive e lavora per la maggior parte dell’anno a Parigi, con la sua arte di eccezionale qualità è da classificarsi in posti di primo rango fra gli artisti internazionali di arte moderna fra gli artisti cioè dell’invenzione a cui vien data la migliore stima accompagnata dal maggior credito perché come loro ella serve alla reputazione dell’Arte nei suoi nuovi aspetti”. Alla distinta pittrice giungano i più vivi auguri del VOMERE.
1969 TRAPANI SERA Sabato, 11 Ottobre FIGLIOLI, LA GRANDE DAMA DELL’ASTRATTO E’ stata a Marsala nei giorni scorsi la nota pittrice Pina Figlioli, che la critica francese specializzata ha meritatamente definito << une grande dame de l’abstrait>>. La Figlioli ha esposto recentemente a Parigi in due mostre di pittura e scultura al <> e al <>, suscitando vivo interesse negli ambienti del pubblico, della stampa, dei collezionisti e degli amatori. Uno degli più autorevoli organi parigini di critica artistica, il settimanale <> ha sottolineato che Pina Figlioli ha offerto all’Europa e al mondo un notevole contributo della validità dell’arte astratta italiana. Nel corso di una visita che Pina Figlioli ha fatto al <> ci siamo vivamente congratulati con lei per l’autorevole ruolo che la pittrice ricopre nel mondo artistico italiano ed internazionale. Nella riproduzione:<>.
1952 NOTIZIARIO D’ARTE presso ISTITUTO BEATO ANGELICO – L’ECO DELLA STAMPA MAGGIO 1952
1952 NOTIZIARIO D’ARTE – L’ECO DELLA STAMPA MAGGIO
1951 NOTIZIARIO DI MESSINA – L’ECO DELLA STAMPA 20 N0VEMBRE
1951 VOCE DELLA CALABRIA – L’ECO DELLA STAMPA 6 NOVEMBRE
1951 BRETIUM – L’ECO DELLA STAMPA NOVEMBRE DICEMBRE
1950 IL TEMPO – L’ECO DELLA STAMPA 11 NOVEMBRE
1950 PANORAMI ITALICI – L’ECO DELLA STAMPA 15 LUGLIO
1950 L’ECO DELLA STAMPA UFFICIO DI RITAGLI DA GIORNALI E RIVISTE FONDATO NEL 1901 – C.C.I. MILANO N. 77394 Direttore: UMBERTO FRUGIUELE Condirettore: IGNAZIO FRUGIUELE VIA GIUSEPPE COMPAGNONI, 28 MILANO NOTIZIARIO DI ARTE PRESSO L’ISTITUTO “BEATO ANGELICO” PIAZZA DELLA MINERVA 42 ROMA APRILE-GIUGNO 1950 Il premio nazionale di pittura “ Acitrezza” La nobile iniziativa, intrapresa dall’Ente provinciale per il Turismo di Catania, di istituire un Premio Nazionale di Pittura, per mezzo del quale gli artisti sono chiamati ad esaltare le bellezze delle Riviere d’Italia, ha trovato larghi consensi non solo presso le Autorità di Palermo e di Roma, ma anche nei Circoli Artistici dei nostri principali centri peninsulari, come è dimostrato dal fatto che, nonostante la celerità con la quale la è stata organizzata, ben 186 opere sono state sottoposte al giudizio della Giuria, composta da: ……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….. Notevoli opere di Orazio Abate, Natale Barone, Francesco Cardile, Lidia Cassisa, Tino Costa, Pina Figlioli, Salvatore Fonseca, Gino Gandini, Giuseppe Marletta, Angelo Marzullo, Celestino Penna, Nino Rametta, Domenico Sciuti Torrisi, Michele Cacia Torrisi, Luciano Tracia, Antonino Villani. ……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….. Il Premio “Acitrezza” è così entrato, per merito dell’Ente Provinciale per il Turismo di Catania nel novero delle competizioni artistiche Nazionali ed in ordine ai superiori fini ai quali tende, non mancherà di raggiungere quelle mete alle quali con tanto entusiasmo legittimamente aspira. GIUFA
1951 IL CORRIERE DI FOGGIA Lunedi 22 gennaio  Lo scandalo del “Premio Taranto” Le più contrastanti correnti d’arte Come in ogni mostra di grandi proporzioni qui c’è del buono e del cattivo, del grano e della gramigna. Ma che si debba pretendere che la gramigna possa soffocare il grano, questo il buon contadino non lo permetterà mai, come il pubblico non permetterà mai che l’arte continui ancora impunemente ad essere vilipesa, bistrattata come una cocotte piena di bistro e rossetto. Caduto bistro e il rossetto, la cocotte mostra i segni della sua nefanda bruttezza, così come i moderni mostrano i segni, appunto col bistro e col rossetto, della loro persistente impotenza. Qua e là, nelle sale della Mostra, nelle quali ci siamo soffermati per parecchie ore, possiamo notare le più contrastanti correnti d’arte; ma ci disgustiamo quando ci troviamo di fronte a quadri in cui il senso del bello è artatamente occultato o contraffatto. Sarebbe troppo lungo dissertare ampiamente su ogni quadro o su ogni corrente, per cui annotiamo qui, per sommi capi, alcune nostre impressioni, cercando, però, di non tralasciare alcun quadro. Nella sala numero uno espongono: M. Caroli, <>, orgia di colori……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………. Pina Figlioli in un senso d’infinito, espone delle <> ben trattate e un <> che fa parte di una sua collezione dipinta a Parigi……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………. La Parola a De Chirico Qui termina la nostra rassegna, ma, perfettamente consci come siamo, che l’Arte va servita in umiltà e devozione, è necessario aggiungere ancora un codicillo alla nostra relazione. E l’occasione ci viene assai opportunamente offerta dal maestro Giorgio De Chirico il quale, sul Messaggero del 13 corrente, in un suo poderoso articolo tratta dell’Arte in materia rude, da profondo conoscitore della materia. Citiamo, quindi, un passo del predetto articolo che (pur non avendo nulla a che vedere direttamente con “Premio Taranto”, per carità non fraintendiamo!), è una severa condanna verso un’arte antiumana ed antiromantica. <<…..noi possiamo invece far notare che queste pitture – scrive il De Chirico – fanno piuttosto pensare con tristezza all’ impotenza ed all’ ignoranza del nostro tempo, ed anche a certi equivoci che permettono, oggi, di rovesciare i valori, senza che nessuno si stupisca e gridi allo scandalo. E’ spaventoso vedere fino a qual punto è decaduta oggi l’arte. Però in fondo, grande è anche l’indifferenza, il disinteresse e l’antipatia del pubblico per tutta questa pittura modernista che si vuole ancora puntellare e tenere in vista a forza di discorsi, di tortuose teorie e di una propaganda che comincia a far cilecca un po’ in tutti i paesi. Ora si cerca di somministrare ossigeno a questo agonizzante fantoccio che si chiama arte modernista con manifestazioni ufficiali alle quali intervengono ministri ed ambasciatori e conferenze tenute da onorevoli. Brutto segno, ciò significa che il fantoccio è malato sul serio e che è vicina l’ora in cui renderà la brutta anima al diavolo>>. Siamo anche noi convinti, caro Maestro, che l’ora scoccherà più presto di quanto non si creda e che qualche manipolo di audaci saprà imporsi affinchè i maniaci del colore rientrino garbatamente nell’ombra dalla quale aggressivamente sono usciti, per oltraggiare, sinora, impunemente, l’antica e gloriosa tradizione artistica italiana. GINO SPINELLI DE’ SANTELENA
1951 IL GIORNALE D’ITALIA Domenica 7 Gennaio  LA PIU’ IMPORTANTE MANIFESTAZIONE ARTISTICA DEL MEZZOGIORNO Il Premio Taranto assegnato al pittore milanese Meloni Aumentato dall’anno scorso il numero dei concorrenti e dei quadri esposti- Il livello delle opere sensibilmente migliorato- Riconciliati i tarantini con la pittura di Pirandello DAL NOSTRO INVIATO TARANTO, 6. – Per la seconda volta, ad un anno di distanza dalla prima, la pittura italiana si è affacciata in blocco sullo Jonio per affrontare l’occhio attento e corrucciato dei tarantini. Chi ricorda le vive reazioni alla <> del gennaio scorso, e le scritte polemiche e terroriste che coprirono in una notte tutti i muri della città, può apprezzare l’audacia dell’impresa. Eppure, tutto sommato, si tratta meno di una spedizione guerresca che di un duello ad armi cortesi; poiché la collera tarantina, sotto il suo terribile aspetto, è una collera filosofica, le cui innocue manifestazioni grafiche e verbali costituiscono, in fondo, un tributo di interesse all’avversario e l’invito ad una giustificazione. Non per nulla, dietro la facciate coperte di <> contro i rivoluzionari dell’arte, hanno finito per trovare alloggio molti <> pittorici. ……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… Non solo è aumentato il numero dei concorrenti (394) e degli esposti (227) ma il livello delle opere è stato sensibilmente superiore, tantoda consentire, attravenso una selezione ancora più rigorosa, una rassegna molto indicativa e qualificata di come si dipinge oggi in tutta italia. Carrà, De Pisis, Casorati, Tosi, Savinio e Melli, hanno inviato opere fuori concorso. Montanarini con due <>; Birolli, con una composizione astrattissima di ritmi; Mafai con un <> e delle <>, hanno richiamato l’attenzione della giuria per un primo nucleo di premi d’acquisto. Enrico Prampolini, sempre più incline al cubismo, ha inviato una <>; Casoni un <> astrattissimo in un mare di biacca; Paolucci delle <>; Aligi Sassu un gruppo di cavalieri sulla spiaggia in toni verdi e rossi; Lilloni uno dei suoi caratteristici innocenti paesaggi. Da Roma sono presenti, fra gli altri, Monachesi con due luminose e sostanziose vedute di Ischia; Carlo Levi con delle rive intricate di alberi e di rocce; Omiccioli con una suggestiva composizione di mare e piante; Carlo Quaglia con due paesaggi dai delicati rapporti tonali; Figlioli, con delle barche moltoispirate a Carrà; Scordia con un <> espressivo nel colore e nel disegno e poi Caroli, Melecchi, Mirabella; Consolazione, Colucci, Beppe Guzzi. ……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… La notte è già passata. E’ stata per i tarantini una notte laboriosa, impegnati nella digestione del coriaceo ed irritante gallo di Meloni. Quando mani insonni hanno cercato sfogo e vendetta maneggiando minio e pennelli? Che cosa leggeremo uscendo di casa sui muri della Città? FABRIZIO DENTICE
1950 GAZZETTA VENETA – L’ECO DELLA STAMPA 19 MAGGIO
1950 CORRIERE DI SICILIA – CATANIA – L’ECO DELLA STAMPA 21 MAGGIO
1950 IL MOMENTO Edizione della sera Venerdi 14 Aprile  RASPA E SAMBA NON SI DIPINGONO Ecco la conclusione a cui si arriva in una visita alle opere che partecipano al concorso indetto sul tema della danza Una visita a Palazzo San Marco dove sono radunate le opere per il concorso bandito tra i pittori e scultori sul tema della Danza ci ha offerto lo spunto per qualche riflessione. Anzitutto: potevano gli artisti d’oggi cimentarsi con un simile soggetto? La parola Danza – e si richiederebbe tutta La sottigliezza di Valery che l’ha sviscerata a proposito di Degas – ha un peso do tradizione classica e ritmica ch’è molto difficile toglierle di dosso. ……………………………………………………………………………….. ……………………………………………………………………………….. Non ci ho mai creduto: e l’equivoco del tema di concorso si basa su tele parola. L’esposizione elenca una lunga serie di ballatori e di ballatrici: ma non di Danzatori e Danzatrici. Hanno buon gioco, in questa mostra gli astrattisti che, volenti o nolenti, per virtù stessa dei loro modi pittorici o plastici hanno afferrato il senso astratto di tale parola: Danza, creando ritmi, gorghi, equivalenze, come già molti anni fecero i Futuristi intesi alla resa del movimento. In tal genere ci sono buoni esemplari tra cui giova ricordare il quadro col motto <<Ieri, Oggi, Domani>> in cui i residui d’una realtà, scarpette, lira, mandole sono assunti in una specie di vortice centrale che culmina nell’occhio, l’intelligenza regolatrice. Per concludere: un tema per disegnatori e per astrattisti: non per coloristi puri. Non ho visto, infatti, i<>. Le zone di riposo del colore, quelle matissiane, persuadono come già nella Venezia di Giorgione a placide composizioni.se una delle odalische di Matissse si levasse a danzare sarebbe certo un miracolo. Ma non l’ha fatto neppure lui. MICHELE BIANCALE
1950 MOMENTO SERA DEL 16 MAGGIO  Foto di una natura morta esposta all’ Angelico di Roma
1949 IL MESSAGGERO di Roma Giovedi 11 Agosto  FESTA D’ARTE A FRANCAVILLA Tutte le regioni al premio F. P. Michetti Francavilla,9 La terza prova di questo Premio che s’intitola al Grande Maestro Abruzzese, ci ha palesato la consistenza di questa manifestazione: alle nobili tradizioni dell’arte abruzzese; al nome di Michetti, si accoppia – oseremo dire – una ragione strategica di convergenza tra le varie regioni. Queste che oggi suonano in modo … allarmante allo spirito italiano, si sono tese la mano quasi a convalidare una indistruttibile e questo fa piacere anche se in modo assai distinto si è palesato l’indirizzo di ognuno di esse: avanguardia nei paesi del Nord; resistenza alla tradizione in quelli del Sud, particolarmente nella scuola napoletana. Qua e là: il sorgere di oasi di impensato arditismo (perfino in Puglia), certo: un indeciso delineamento in Abruzzo. Quanto però all’Abruzzo vi sono valide ragioni: forse la barriera dei monti e l’austerità delle tradizioni, certo un devoto impegno – come un rito – verso la presente anima di Michetti non ancora probabilmente staccatasi da questo mondo terreno. Per ora si percorrono sentieri, spesso molto tortuosi, come anche inutili; talvolta sembra di fare il vizioso ; in altri casi si percorre un camminamento, poi si torna indietro e quindi se ne percorre un altro: tanto…si arriverà. Cosa dicono dunque i tradizionalisti ognuno ormai lo sa; cosa vogliono gli avanguardisti, essi non l’hanno ancora detto. Prima di tutto deve quasi morire l’intero secolo se non altro per spegnere la polemica; e in secondo luogo, occorre vedere dove si vuole arrivare. Ciò detto andiamo un po’ a riassumere quel che ci è parso di vedere, citando coloro che ci sembrano in possesso di doti. In molti di essi riscontriamo l’affanno verso nuove strade; in altri l’aderenza a quello che sembra doloroso dover perdere; in taluno dei c’è convinzione, in altri c’è finzione. La scuola napoletana, pur mantenendosi nella tradizione non disdegna i nuovi soffi di vita: opere che si fanno guardare attentamente sono di Barillà, Brando (con una bella ), Bresciani Antonio, Carrino, Casciaro, Chiancone, Ciardo (di Lecce), Galante che rende con bei tocchi un interessante nudo, Colucci, Notte, Striccoli, Viti, Verdecchia Carlo, quest’ultimo – un giovane abruzzese d’origina – che con abile mano, fonde la poesia della terra nativa col fascinante colore della tradizione napoletana orientata a misurati e pregevoli gusti moderni. Roma si stacca per una maggiore aderenza verso principi più nuovi e attuali: ecco Bartolini, con due paesaggi, Ciarrocchi, l’abbruzese Carlo D’Alvisio da Vasto, affascinante nei contrasti, Delle Site Mino, Fossani Ivanoe, Francalancia (vincitore di un Premio lo scorso anno), Beppe Guzzi, Melecchi Pietro, Micheli-Girotti, Monachesi Sante, dai neri marcati, Urbani Ildebrando, Manfredo Acerbo. Notevoli per numero i lombardi, tutti orientati verso una definizione e un chiarimento delle tendenze più moderne. Vi incontriamo opere di Bontempi Renato, Pompeo Borra, Domenico Cantatore, michele Cascella, Cerrina, De Grada Raffaele, Grando, Dante Montanari con due nudi garbati per forma e per colore, Ponti pino, Scaini, Steffenini, Tomea. Anche il Piemonte ha mandato rappresentanti illustri con opere di notevole importanza. Ci sono: Casoni Aurelio con <Maternità>, Menzio, Paulucci con una bella , Giulio Maria Cristina con . Il veneto è addirittura imponente per partecipazione: l’oriundo pescarese Brindisi, convinto avanguardista, vi si delinea inconfondibile; viene poi Dalla Zorza, che riesce a far sostare lo spettatore; Gherri, Levier, Liusso, malisan, Pendini, e poi c’è Saetti che con rende oltre ad una convincente tonalità espressioni spirituali che fanno ai nuovi orientamenti; Gino Scarpa con ha potenza di rapporti colorici ed esprime emozioni interiori, poi ancora Bront, de Cillia, De Rocco ed altri.
1949 CORRIERE DEL POPOLO – L’ECO DELLA STAMPA 6 DICEMBRE
1949 NOTIZIARIO DI MESSINA – L’ECO DELLA STAMPA 16 SETTEMBRE
1950 IL MESSAGGERO di Roma Mercoledi 12 Aprile A PALAZZETTO VENEZIA La danza nell’arte L’accademia nazionale di danza in Roma, allo scopo di richiamare l’attenzione degli artisti sui problemi d’interpretazione figurativa della danza, bandì, nel luglio scorso, un concorso tra pittori e scultori per un’opera di pittura ed una di scultura che mettessero in particolare rilievo i motivi plastici e dinamici della danza. I premi erano di 300 mila lire per la scultura, oltre 100 mila lire per la traduzione in bronzo dell’opera e 200 mila lire per la pittura. Le opere concorrenti contrassegnate da un motto assommano a 130 e sono ora esposte in alcune sale del Palazzetto Venezia. Una commissione di cui fanno parte i critici d’arte Roberto Longhi e Mario Rivosecchi; gli scultori Francesca Messina e Giacomo Manzù; i pittori Felice Casorati e Mario Mafai e, in rappresentanza dell’Accademia, la direttrice signora Jia Ruskaja dovrà giudicarle. Pensando che la danza è l’arte di esprimere le emozioni mediante i movimenti ritmici del corpo sincronizzati con la musica, i partecipanti al concorso avrebbero dovuto creare dei ritmi figurativi che oltre l’effetto estetico avessero reso l’impressione che allo spirito suscita la musica, che nella danza non serve solo ad accompagnare i movimenti. Quasi tutti, invece, si sono preoccupati di raffigurare delle pose plastiche trascurando il dinamismo ed il lirismo e creando così, in pittura, immagini fredde e senza anima ed in scultura saggi accademici che sviluppano esageratamente la virtuosità corporale negando o ignorando il principio dell’unità della plastica col ritmo musicale. Per queste considerazioni sono più apprezzabili i modelli presentati dagli astrattisti. In essi la sensazione del moto e del lirismo è più evidente di quella data da immagini realiste anche se tecnicamente ben condotte. Vi sono poi opere cubiste e surrealiste che non hanno grazia né sentimento e che non posseggono quei motivi plastici che erano stati richiesti dal bando di concorso. P.S.
1950 IL GIORNALE D’ITALIA Giovedi 13 Aprile  PITTURE E SCULTURE Ispirate alla danza Centotrenta opere di pittura e scultura raccolte in quattro sale di Palazzetto Venezia, testimoniano la larga adesione dei nostri artisti al concorso bandito nello scorso luglio dall’Accademia Nazionale di Danza. Sono opere per la maggior parte di buon livello artistico, molte delle quali tradiscono pur sotto l’incognita del motto d’identità di autori ben noti ed apprezzati, ma la cui rispondenza al tema e allo spirito del concorso è tale da destare qualche perplessità. I motivi plastici e dinamici della danza, che soprattutto si trattava di esprimere. Anche attraverso una ricerca di ritmi e di uno slancio che trascendesse i limiti della figura, ben dirado animano questi quadri e queste statue, che tendono alla immobilità riposata della forma, o alla decorazione, o al ritratto, o a delle frenesie, come in << Valpurga>>, assai più bacchiche che tersicoree. I critici Longhi e Risosecchi, i pittori Mafai e Casorati, gli scultori Messina e Manzù, e la signoraRuskaja direttrice dell’Accademia, che riuniti in commissione dovranno assegnare i due premi, di 300 mila lire per la scultura e di 200 mila lire per la pittura, si troveranno dunque di fronte a difficoltà, che eccedono la mera valutazione dell’opera. In una rassegna, rapida come lo spazio ci impone, nelle sale della mostra, ricordiamo la composizione astratta << Ieri, oggi, domani>>; i gessi <>, <>, <>, <>, <>; gli spiritosi legnetti di <>, le forme primordiali avviloppate nel legno di << Vita in modo>>; i tre palcoscenici, particolarmente interessanti per colore e movimenti, di <>; la cera >Prima posizione>>, e le belle figure neo-rinascimentali di <>. VICE
1948 IL TEMPO – L’ECO DELLA STAMPA 21 MAGGIO
1948 IL PUNGOLO VERDE – CAMPOBASSO -L’ECO DELLA STAMPA APRILE MAGGIO
1948 IL MESSAGGERO – L’ECO DELLA STAMPA 13 GIUGNO
1948 IL MOMENTO GIORNALE DEL POPOLO Venerdi 28 Maggio  MOSTRA D’ARTE ALLA “GREGORIANA” Pina B. Figlioli È aperta dal 22 corr. una mostra di dipinti dell’artista Pina B. Figlioli. Opere di soggetto sacro, ritratti, paesi, nature morte. La varietà dei motivi ispiratori non pregiudica la qualità d’essi, una volta passati in pittura, nel senso che un medesimo impegno di realizzazione e un medesimo risultato si avverte in tutti. E non potrebbe essere diversamente. La Figlioli non si propone di imitare nessuno degli artisti oggi più in voga: dà la misura delle sue possibilità affidandosi al suo temperamento come ad una guida sicura. La modernità dei suoi paesaggi e delle sue nature morte non è tale per desiderio del nuovo, m perché il sentimento dell’artista opera principalmente nella scelta d’un modo pittorico. Così si dica anche dei suoi motivi sacri nei quali il carattere tradizionale è sempre unito ad un’interpretazione personale del soggetto. Qualità più notevoli della Figlioli sono il senso della composizione, specie nelle nature morte, sicurezza dei rapporti tonali, specie nei paesaggi, con finalità chiaramente poetica, impegno d’una materia cromatica rada ma solida, rinunzia all’esasperazione coloristiche che la persuade ad accordi larghi vigorosi e dolci. MICHELE BIANCALE
1948 IL MOMENTO GIORNALE DEL POPOLO Venerdi 2 Aprile NOTE D’ARTE Pina B. Figlioli Nel novero delle donne pittrici la Figlioli ha un rilievo particolare. In genere le artiste o sono passatiste in pieno, nel peggiore dei casi; o si buttano col coraggio della disperazione nell’estrema sinistra dell’arte. La Figlioli dipinge per virtù d’un temperamento; un temperamento vivo e inquieto che le ha già fatto superare i vecchi moduli ma che la trattiene dal tentare l’avventura d’una arte classificabile sotto le formule novissime. È moderna tanto quanto basta alla nuova realizzazione dei suoi tipi di donne e dei paesaggi e delle nature morte nelle quali aggiunge un’efficacia che sta a testimoniare una somma d’esperienze. Se talvolta il desiderio di caratterizzare la parte come in Passione dominante a non so che tipologismo quasi regionale, nei paesi, tra i quali uno dei più belli è Silenzio, essa raggiunge una sintesi formale non comune con un colorismo struttivo al di fuori d’ogni dolciastra apparenza. Perciò si scriveva di temperamento robusto di tale artista e che in molte esposizioni collettive e personali si è fatta apprezzare per le sue qualità inconfondibili. La mancanza di specializzazione in lei d’un genere solo di pittura la rivela addestrata egregiamente a trattare la figura, il paesaggio e la natura morta, ponendo una uguale attenzione e giungiendo ad una resa pittorica, senza divario, nei tre generi. Ciò che non è poco merito ditale singolare artista. M.B.
1948 IL MOMENTO GIORNALE DEL POPOLO Lunedi 23 Agosto  OMAGGIO DEEL’ABRUZZO A UN MAESTRO La mostra di pittura Intitolata a F.P. Michetti PESCARA, 22 – La collina di Francavilla è stata scelta come sede del secondo premio Nazionale . In verità, se le innumerevoli macerie che tuttora mostrano al sole le tremende ferite della guerra avrebbero potuto consigliare tale festa, il ricordo della predilezione del maestro per questa città, stata bellissima e che tornerà ad essere bellissima, e soprattutto il ricordo della vita di Michetti e dell’origine di ogni sue opera maggiore così strettamente legata alla cittadina abruzzese, giustificano e legittimano tale festa. Francavilla ha avuto il grande coraggio di prendere nel nome di Michetti la più bella iniziativa dell’annata. Al palazzo Comunale, ricostruito per un miracolo di volontà e di passione, è toccato l’eccezionale privilegio di essere inaugurato con la Mostra di pittura nazionale, intitolata a Francesca Paolo Michetti. Mi ha accompagnato alle visite alle sale il prof. Michele Biancale, membro della Commissione giudicatrice e da molti giorni insonne organizzatore della riuscitissima esposizione. La Mostra è divisa in reparti, che raccolgono le opere dipinte per tendenza e per scuola. Due grandi saloni sono riservati a Michetti. In quello inferiore è posta la grande , che ha subito non lievi danneggiamenti dalla guerra e che nonostante qualche offuscamento nei bianchi e nei rossi una volta meravigliosi, mostra con mirabile vivezza la scena della processione che si celebra a Cocullo, il giorno di S. Domenico, quando le serpi non mordono e le bambine le portano al collo come collane d’offerta. Da una di queste bambine, in primo piano, isolata, che trascina per terra il giglio della sua purezza – dietro è il gruppo delle donne incinte vestite di bianco – è nata nel maestro la prima idea della . Nella stessa sala c’è l’ultimo quadro di Tommaso Cassella , ragguardevole per mole e per concetto: la tragedia dello sfollamento in Abruzzo. Vi si nota una certa tendenza di rappresentazione con motivi repressi delle grandi tradizioni e sapute innestare con quello che è il sentimento moderno. C’è la sala riservata ai concorrenti al premio offerto dalla Ditta Aurum per un quadro che si ispiri ai seguenti concetti: , . Notevoli le impressioni nuove, efficaci, originali di Reggiani, Francalancia, Ruggiero, Cassella, Palmiolo e Canflone per una certa semplicità di espressione. Lungo la scalinata sono le opere a carattere prevalentemente decorativo. Notevoli le impressioni nuove di figure e fiori di Manfredo Acermo, e di Marvio Ortiello, pieno di brio e di vivacità meridionale. Passando al vestibolo, si trovano i quadri fuori concorso di Porra, Cantatore, De Pisis, Rosai, Sironi, Salietti. La disposizione della mostra è tale che nel Palazzo del Comune sono state raccolte le pitture di composizione, mentre l’imponente schiera di paesaggi è raccolta nella palazzina Franco, per assoluta mancanza di spazio nella sede centrale. Nel complesso figurativo delle opere esposte nel Comune, figurano i migliori nomi della pittura italiana, nord e sud. Il criterio organizzativo ha tenuto conto delle varie tendenze moderne, ma non estremiste, in varie sale, con opere di Ciglia, della Figlioli, di Parri.
1948 IL MESSAGGERO di Roma sabato 22 Maggio  Mostre Galleria Gregoriana (via Gregoriana, 5): oggi alle 17, s’inaugurerà la mostra personale della pittrice Pina B. Figlioli.
1948 IL MOMENTO GIORNALE DEL POPOLO Giovedi 7 Ottobre  FOTO IN BASSO DI UN’OPERA DELL’ARTISTA ANGUILLE: acquistato dallo GNAM
1948 IL MOMENTO GIORNALE DEL POPOLO Giovedi 16 Settembre  L’ESPOSIZIONE DEL “PREMIO MICHETTI” L’evocazione del “mastro” è una potente leva per il turismo Il richiamo dell’arte fra le rovine di Francavilla a mare dovrà segnare l’inizio della rinascita di una fra le più belle spiagge adriatiche FRANCAVILLA AL MARE, Settembre. Per il secondo Premio Michetti, al quale hanno partecipato artisti di ogni parte d’italia, le condizioni della città, che come è noto è ancora tutta una rovina, simile a quella di Cassino, non sono state migliori quest’anno, e tali da offrire alla mostra locali adatti a contenerla. Una parte è stata accolta nel nuovo Palazzo del Comune; un’altra in una palazzina attigua. L’istituzione di questo Premio che s’intitola a Michetti, genius loci, si propone di richiamare l’attenzione su tale città che fu già una delle più belle spiaggie adriatiche e che allevò i geni adolescenti di Michetti e di D’Annunzio. Generosi propositi del presidente del Comitato on. Stataro e degli altri menbri, convalidati efficaciemente dal ministro Tupini che ha assistito alla cerimonia della premiazione promettendo in un suo alato discorso che Francavilla risorgerà più bella di prima. Ecco dunque che il richiamo dell’arteè qualche cosa. I premi alle composizioni di figure………………., paesaggi e figure molto espressive della Figlioli, un ritratto di……….. Sono state riesposte le due grandi tele michettiane: Le Serpi e gli Storpi del ‘900; insieme a bellissimi suoi quadretti del periodo giovanile provenienti dalla Galleria dell’istituto di B.A. di Napoli: questo su per giu il bilancio del Premio Michetti: uno sforzo considerevole delgli ideatori , degli organizzatori e della Giuria per assicurargli un’importanza e una dignità che sembrerebbero impossibili tra le macerie d’una città distrutta. Michele Biancale
1948 IL MESSAGGERO Del Lunedi Lunedi 23 Agosto  La Mostra per il Premio Michetti Inaugurata ieri a Francavilla 85 espositori con 340 opere – Una sala Michettia- na – Le opere premiate saranno donate agli Stati Uniti (Dal nostro inviato) FRANCAVILLA, 23 – Con l’intervento di S. E. Porzio, in rappresentanza del governo e di S.E. Perrone Capano, sottosegretario alla Pubblica Istruzione, in veste di oratore ufficiale in rappresentanza del Ministra Gonella, oggi alle ore 18 ha avuto luogo l’inaugurazione della seconda mostra per il Premio Michetti che, nella edizione di quest’anno raccoglie oltre 400 opere di pittori italiani che concorrono ai premi per un soggetto di figura, per un soggetto di paesaggio e per un paesaggio abruzzese. Oltre alle opere concorrenti ai premi è stata dagli organizzatori dedicata una sala a Francesco Paolo Michetti che vi appare tra l’altra con le grandi e celebri tempere: e eseguite nel ‘900 per l’esposizione universale di Parigi e che conclusero il ciclo della sua attività. I pittori Cantatore, Tommaso e Michele Cascella, Salietti, Rosari, Borra, Sironi, De Pisis ed altri sono presenti alla mostra con opere fuori gara. Al premio hanno partecipato pittori di ogni età e di ogni tendenza e la commissione incaricata della scelta ha ammesso 85 espositori; 340 opere erano pervenute in seguito ad inviti personali diramati dal comitato. Il comitato promotore era presieduto dall’On. Spataro, che è stato largo di aiuti ed è stato dall’attiva cooperazione dell’Avv. Roberto Marchi, segretario generale. La giuria, formata dal dottor Bruno Molaioli, dall’architetto Chierici, da Stefano Cairola, dai pittori Borra, Brancacci e Guzzi, nonché dal prof. Biancale, ha assolto al suo non facile mandato con assoluto senso di serenità e equo criterio. Il difficile collocamento delle opere è stato curato da Stefano Cairola. I premi saranno assegnati nei primi giorni di Settembre e le opere premiate verranno offerte in dono all’America per trami dell’Ambasciatore degli Stati Uniti a Roma, quale attestato di riconoscenza per gli aiuti che gli Stati Uniti hanno dato alla popolazione abruzzese così duramente colpita dagli eventi bellici. Alla cerimonia sono intervenuti i prefetti e numerose autorità delle provincie d’Abbruzzo, i deputati Delli Castelli rappresentante del parlamento per lo scoprimento del busto di Filippo Masci; il Sen. Carmenati in rappresentanza del Senato e l’on. Castelli Avolio in rappresentanza della Camera per la Mostra. L’arcivescovo di Lanciano e Ortona, Mons. De Leo, ha benedetto la nuova casa comunale, dove la mostra è stata ordinata. Sul palco ha preso la parola l’on. Spataro, che ha ricordato la opera somma del Michetti e che ha rivolto il saluto ai congiunti del Maestro, ai vari rappresentanti intervenuti e agli organizzatori. Ha avuto luogo quindi l’inaugurazione col rituale taglio del nastro, avvenuto per mano della consorte del sen. Ricci, figliuola di Francesco Paolo Michetti. La seconda parte della cerimonia abbinata a questa manifestazione è stata dadicata allo scoprimento di un busto nell’atrio del Palazzo Comunale, a Filippo Masci, sommo filosofo di Francavilla, umanista, scrittore e oratore insigne. Oratore ufficiale è stato il prof. Della Valle della Università di Napoli che ha pronunciato un applaudito discorso, rivolgendosi particolarmente ai giovani. La giornata si è conclusa con un bellissimo discorso di S.E. Porzio che esaltatole due figure di Michetti e di Filippo Masci. Molisano
1948 IL NUOVO GIORNALE D’ITALIA Venerdi 21 Maggio  Anno XLVII NUMERO 118 Mostra Pina B. Figlioli Alla galleria Gregoriana in via Gregoriana 5, sabato 22 alle ore 17 s’inaugurerà una mostra della pittrice Pina B. Figlioli. L’esposizione resterà aperta dieci giorni.
1948 Anno II N.4 – Roma, 27 Maggio  DIFESA ADRIATICA SETTIMANALE DEI GIULIANI E DEI DALMATI La mostra personale di una pittrice che fu a Fiume Un felice temperamento artistico è quello della signora Pina Besson Figlioli che in via Gregoriani n.1 presenta al pubblico una ricca varietà di motivi espressi in una serie di quadri ad olio e a pastello veramente degni di elogio. Già conosciuta per la sua attività di pittrice favorevolmente notata da severi critici d’arte, la signora Besson Figlioli è in modo particolare cara ai fiumani avendo soggiornato lunghi anni a Fiume e ad Abbazia dover ha partecipato a mostre collettive e personali. Da allora, la sua esperienza artistica si è dilatata concedendole una sicurezza e una sensibilità di cui dà prova nelle sue Madonne e in una sfilata di nature morte di fattura veramente squisita. La mostra rimane aperta ancora alcuni giorni; raccomandiamo ai nostri lettori di visitarla , che ne traggano motivo di intimo e sincero godimento.
1948 CORRIERE LOMBARDO Milano, 26-27 Ottobre Scultori e pittori a Saint Vincent RITMO DA CAPOGIRO gli artisti d’oggigiorno Saint Vincent, ottobre. Nei tempi antichi, Giotto, che era considerato un semplice maestro artigiano, consumava i pasti sul nudo e rude desco a fianco degli operai corporati, oggi, invece, molti artisti sono milionari, possessori di appartamenti nelle città e ville in campagna. Ma l’enorme massa dei pittori e degli scultori si dibatte in enormi difficoltà materiali. Una volta era la chiesa a dar lavoro agli artisti, poi furono i grandi signori e infine le ricche borghesie a dar incremento alle arti; ai tempi nostri, lo stato e i comuni sono a corto di denaro e i privati facoltosi si sono chiusi in un rigoroso interessato egoismo. Soltanto gli enti turistici, oggi, sono rimasti a favorire le arti e la coltura con esposizioni a premio bandite in tutte le regioni d’Italia. Di tutte le manifestazioni del genere, l’attuale mostra del “Gran Premio Saint Vincent” può dirsi fra le meglio riuscite: non soltanto perché vi figurano illustri nomi, con opere fuori concorso di Carrà, Casorati, De Pisis, Campigli, Manzù, Tosi, De Grada, Maccari, Savinio ed altri, ma anche perché sono presenti tutte le concorrenti. Il premio di 400.000 lire per l’ha pittura non l’ha vinto nessuno; però a Pompeo Borra è stata assegnata la metà della somma. Le sue fanciulle che cantano con gli occhi rivolti verso il cielo, sebbene siano dipinte con colori un po’ monotoni, forse hanno intenerito la giuria, oggi che le emozioni umane poco affiorano nelle tele. Le restanti 200.000 lire sono toccate a Menzio (che con la sua Composizione si è accontentato di piazzare nello spazio delle gustose di colore) e a Cassinari, che va disperdendo le sue indubbie doti di pittore in confuse spennellate alla lombarda. Le 400.000 lire assegnate alla scultura sono state distribuite a quattro artisti: a Broggini, modellatore vivace ed elegante, a Minguzzi, il cui ritratto di signora ha un aspetto ieratico ed archeologico, a Panciera per la sua arcaica Donna ferita a cavallo e a Greco per la sua sorridente Testa di fanciulla. Se aggiungete altre 400.000 lire distribuite in otto acquisti, vi convincerete facilmente che il premio Saint Vincent ha messo a disposizione degli artisti una cospicua somma. Dal Piemonte, con Paolucci, che espone una fresca e gioiosa Marina, fino a Roma, presente con Mafai e Vespignani, dal Veneto alla Lombardia con Tomea, Del Bon e i pittori dai , come Lilloni, De Rocchi e Spilimbergo, tutte le maggiori regioni sono rappresentate con opere di assoluta attualità. Sicchè ben può dirsi che questa mostra permette di riconoscere dove è volta la lancetta della bussola moderna. Mi sembra che la fretta renda sempre più nervosa la mano degli artisti in questi tempi di velocità massime. Fra un tritume di furiosi colpi di stecca appena s’intravedono il cavallo e il cavaliere di Filippo Pozzi e la terracotta di Cherchi si riduce a una maneggiata di creta. I pittori, a loro volta, col pennello sporco di nero, sembrano impazziti. Spazzapan, con un gustoso spiritaccio, riduce in vere traiettorie di girandole la sua Scampagnata. La fretta diventa poi vertigine, terremoto, negli artisti di tendenza “astrattista”. È una scarica elettrica registrata da un sismografo l’anagramma meccanico di Morlotti. Scroppio, Cagli son tutti artisti dotati che convogliano su strade errate le loro indubbie forze creative. Tuttavia, fra tanto meccanicismo dinamico e talora epilettico, in qualche artista riesce a sopravvivere l’emozione umana. Bisogna alfine riconoscere la pietistica malinconia propria allo spirito di Cantatore se tanto insiste nelle sue figure. Il romanticismo spiritualizzato nelle tinte diafane, riaffiora nelle tele di Saetti e della Maugham, mentre nella Madre dello scultore Pasqualini spira una toccante affettuosità dolorante. Negri, con una scultorea e moderna testa di Niobe, Mucchi, Radice, Bartoli, Bartolini, Vernizzi, Nizzoli, Cremona, Nascimbene, Mus, Rambaldi, Venturini, Pina Figlioli, lo scultore Di Pillo e altri, presentano opere degne diconsiderazione. Gli allori per articoli giornalistici relativi all’ultimo premio letterario sono toccati ad Achille campanile, Giuseppe Ravegnani e Giansiro Ferrata. Ma ora anche noi la fretta assale. I veloci mezzi meccanici che hanno terremotato le case geometriche di Birolli, ci attendono per la partenza verso Milano. In questo ritorno, quando per la dinamica corsa ci ritufferemo nelle gole di queste superbe montagne, le mostre d’arte contemporanea che abbiamo visitate in questi ultimi tempi ci ricorderanno un mondo artificiale remoto, anzi opposto alla distesa serenità della natura. Vincenzo Costantini
1945 CORRIERE VENETO Quotidiano d’informazione a cura del P. w. B. Venezia Giovedì – 5 Luglio  anno I Numero 58 Gli artisti per gli ex internati Cospicue e numerose sono le opere che gli artisti dell’associazione tra pittori e scultori veneziani offrono in dono per essere esposte e vendute all’asta a favore del fondo per i militari italiani che rientrano dagli orrendi campi di Germania. Non vi sono soccorsi bastevoli per recare qualche giovamento ai bisogni di questi sventurati. Tuttavia, con questa iniziativa, al successo della quale i veneziani contribuiranno con la loro ben nota generosità, qualche aiuto sarà portato allo sforzo che compie giornalmente il Fronte della Donna. Tra le opere di alto pregio già pervenute , ne figurano di Seibezzi, Cherubini, Pomi, Cobianco, Fortuny, Cadorin, Novati, Favai, Sibellato, Villa, Varagnolo, Franco, Lucarda, Parenti, Bertazzolo, Giuliani, Lepsky, Pizzinato, Maioli, Dalla Zorza, Martinuzzi, Zanutto, Bergamini, Foco, Potenza, Davoli, Rodaro, Ghedina, Pasquali, Barghellini, Besson Figlioli, Bullo, Casagrande, Mirabella, Perrozzi, Borghi, Vittorio Piovesan, Pompeo Piovesan, Ballarin, Novigno. Sabato 7 sarà l’ultimo giorno di accettazione delle opere dono. Si procederà subito all’allestimento della mostra ed alla seguente vendita all’asta.
1944 – Anno XXIII GAZZETTA DI VENEZIA QUOTIDIANO DELLA SERA Sabato – Domenica 25-26 Novembre  La mostra degli artisti profughi Inaugurata stamane nella sala napoleonica …E diamo ora un’occhiata alla sala Gli artisti sono delle città più varie: ricorrono con frequenza i nomi di Roma, di Napoli, di Palermo, e poi quelli di Catania, di Parenzo, di Cagliari, di Rovigno d’Istria, e ancora di Aquila di Nuoro, di Firenze, di Brindisi, della Spezia, di Messina, ecc. Romana è per esempio, Lina Flora Zocchi che ha qui ha una decina di lavori tra cui tre ben controllati ritratti e due paesaggi, “Villa Borghese” e “Viareggio”, pervasi di un efficacie sentimento: e romana è anche Agnese Menti, la quale presenta una intera parete di acquerelli e disegni di una diligente a accurata fattura. Pina Besson Figlioli è invece di Cagliari: tra le cose su, che sono sette od otto e tutte degne di rilievo, la nostra attenzione si ferma su “Fagiano” e “Natura morta” dove le tinte si ammorbidiscono e riscaldano meglio che altrove. Roberto Manni, di Brindisi, in tutte le sue tredici pitture dimostra di sentire il colore con una notevole intensità, sia trattando il paesaggio sia la natura morta o la figura. Effetti di spigliato gusto illustrativo ottiene il palermitano Sabatino Mirabella che in una quindicina di tele si ispira con particolare amore a paesaggi di Capri e di Venezia. Di Luciano Cuzzi istriano, Ettore Guerriero, e di Ezio Caizzi ambedue napoletani, presenti con parecchie opere ciascuno, il nostro giornale ebbe occasione di occuparsi recentemente e con simpatia in occasione delle loro mostre nelle gallerie cittadine. In numerosi lavori di vario soggetto. Annina Malerba Pilo di Capaci esprime una sua attenzione alle cose dolcemente malinconica. Di gradevole ci sembrano anche i quadri di Salvatore Pesce e di Nino Ghillemi ambedue messinesi, i paesaggi del romano Ulisse Guerrini e i ritratti di Dante Maiani di Imola. Citeremo altresì le opere di Giorgio Cipriani fiorentino, di Armando Visinoni romano di Domenico Garbin istriano, di Giuseppina De Rolli barese, di Maria Capra palermitana e di Pippo Toscano catanese, denotanti tutti varie doti e possibilità di sviluppo. Una suasiva intimità troviamo anche in Giangiacomo Almecar, in Alfonso Articoli di Roma e in Maria Laj di Nuoro. Né vogliamo poi dimenticare Cesare Zampaloni romano, Augusto Bonomi, Remo Brindisi di Aquila, Goffredo Evangelisti e Lino Bertonati di Spezia. La scultura è…………………………………………………………